Una giornata al Museo del Cappero per i ragazzi dell’Albero Azzurro

Una giornata al Museo del Cappero per i ragazzi dell’Albero Azzurro

11/06/2024 0 Di Giacomo Policardo

Una giornata al Museo del Cappero per i ragazzi dell’Albero Azzurro nella cronaca del nostro Giacomo Policardo

di Gia­co­mo Policardo

Gen­ti­li ascol­ta­to­ri, gen­ti­li ascol­ta­tri­ci di Pan­tel­le­ria Noti­zie, un cor­dia­le salu­to da Gia­co­mo Policarto.

È sta­to mar­te­dì 4 giu­gno, in una gior­na­ta dal sapo­re esti­vo, che con i ragaz­zi del­l’As­so­cia­zio­ne Albe­ro Azzur­ro abbia­mo deci­so di intra­pren­de­re un per­cor­so. Salen­do sul nostro pul­mi­no, fra una musi­ca e un’al­tra, fra un tele­fo­no che squil­la e un altro che rice­ve mes­sag­gi, abbia­mo deci­so di fare un’uscita.

Dove andia­mo? Ebbe­ne, sia­mo anda­ti al Museo del Cap­pe­ro a fare una visi­ta gui­da­ta, è sta­ta un’e­mo­zio­ne bel­lis­si­ma e straor­di­na­ria. Entran­do lì ci ha subi­to accol­to una ragaz­za dol­cis­si­ma che ci ha spie­ga­to in manie­ra mol­to chia­ra che cos’è que­sto museo: la caris­si­ma Ornel­la, che rin­gra­zio vera­men­te di cuo­re per l’e­spo­si­zio­ne chiara.

Ecco, che cosa abbia­mo visi­ta­to in que­sto museo? Intan­to, ho potu­to ritoc­ca­re con mano uten­si­li che non vede­vo da parec­chio tem­po. La cosid­det­ta sta­tia, che sareb­be la bilan­cia con cui si pesa­va­no i cap­pe­ri, soprat­tut­to i nostri non­ni. Ades­so ci sono maga­ri bilan­ci digi­ta­li che sono bel­li a veder­si, però non sono così anti­che, non sono così musea­li come la statia.

Abbia­mo visto diver­si reci­pien­ti, la cosid­det­ta tina dove veni­va­no sala­ti i cap­pe­ri, mes­si in sala­mo­ia per poi poter­li man­gia­re. Que­sta ragaz­za Ornel­la, come vi dice­vo pri­ma, ci ha spie­ga­to l’im­por­tan­za del cap­pe­ro. Intan­to, ci ha par­la­to del­l’azien­da Bono­mo e Giglio che si è costi­tui­ta nel 1949.

Sape­te tut­ti che l’I­ta­lia veni­va dal dopo­guer­ra, quin­di si dove­va cer­ca­re di sol­le­var­si, di rico­strui­re quel­lo che c’e­ra da rico­strui­re e Pan­tel­le­ria ha fat­to bene a inve­sti­re nel cap­pe­ro. La Bono­mo e Giglio ha dato tan­to lavo­ro a Pan­te­schi che rac­co­glie­va­no i cap­pe­ri, ma quel­lo che era impor­tan­te, come ci ha spie­ga­to que­sta ragaz­za Ornel­la, è capi­re la fati­ca che han­no fat­to i nostri non­ni, le nostre mam­me, i nostri padri nel­l’an­da­re a rac­co­glie­re que­sti frut­ti. Per­ché sì, è vero, noi ades­so li vedia­mo in tavo­la con­di­ti, non insa­la­ti, però c’è tan­ta fati­ca dietro.

Intan­to le nostre madri, i nostri non­ni si alza­va­no alle 4 del mat­ti­no, o c’e­ra fred­do, o c’e­ra cal­do, o c’e­ra piog­gia, ma si anda­va, si anda­va a rac­co­glie­re smi­nu­zio­sa­men­te que­sti frut­ti, per­ché dove­vi sta­re atten­to anche nel rac­co­glier­li, per­ché se male­det­ta­men­te li rac­co­glie­vi con tut­to il gam­bo o il cosid­det­to pidi­cu­dro, rischia­vi di ral­len­tar­ne la cre­sci­ta. Biso­gna­va andar­ci ogni 10–12 gior­ni, per­ché la rac­col­ta ini­zia­va dal mese di mag­gio fino al mese di ago­sto e quin­di tut­te le mat­ti­ne, per­ché non è che poi c’e­ra un ter­re­no soltanto.

Si ini­zia­va il lune­dì e si fini­va la dome­ni­ca per poi rini­zia­re nuo­va­men­te il lune­dì, quin­di è una fati­ca immen­sa, con pochi uten­si­li, per­ché all’e­po­ca i mez­zi era­no que­sti. La con­si­de­ra­zio­ne che fac­cio è che ai tem­pi si fati­ca­va mol­to e si pro­du­ce­va tan­to, ades­so che maga­ri ci sono i mac­chi­na­ri, i ragaz­zi non han­no più voglia di anda­re a rac­co­glie­re que­sti capperi.

Ades­so i cap­pe­ri ven­go­no chia­ma­ti sem­pli­ce­men­te cap­pe­ro medio, cap­pe­ro pic­co­lo e cap­pe­ro gran­de, una vol­ta ave­va­mo diver­se deno­mi­na­zio­ni, ave­va­mo la cap­pa­rel­la, il cap­pa­ro­ne, quin­di ades­so ci si limi­ta sola­men­te a chia­mar­li cap­pe­ri medi e cap­pe­ri grandi.

Anche la distri­bu­zio­ne ai tem­pi era… per­ché non si è deci­so solo di rac­co­glier­li per Pan­tel­le­ria stes­sa, ma si espor­ta­va­no, veni­va­no del­le navi mer­can­ti­li che addi­rit­tu­ra non attrac­ca­va­no nean­che al por­to qui, per­ché anco­ra non si pote­va attrac­ca­re, quin­di si dove­va­no tra­spor­ta­re fuo­ri dal por­to. Poi con del­le bar­che a vela veni­va­no por­ta­te fuo­ri dal por­to e imbar­ca­te in que­ste navi, con dei fusti, così che anche fuo­ri pote­va­no assa­po­ra­re que­sti otti­mi sapo­ri. Quin­di è sta­to bel­lo sen­ti­re que­ste storie.

Abbia­mo visto anche dei video su come vie­ne fat­ta la pota­tu­ra, intan­to si face­va un lavo­ro minu­zio­so con la cosid­det­ta bir­ri­na, che sca­va­va sot­to­ter­ra per cer­ca­re di ren­de­re que­sti cap­pe­ri fre­schi, per man­te­ner­gli sem­pre la ter­ra fre­sca. La bir­ri­na è una sor­ta di zap­pa che per­met­te­va tut­to ciò.

A un cer­to pun­to è arri­va­to for­se il momen­to più bel­lo per me, per­ché pas­san­do da alcu­ni espo­si­to­ri, ci han­no fat­to odo­ra­re, per­ché giu­sta­men­te la Bono­mo & Giglio fa arri­va­re dei cap­pe­ri anche da fuo­ri per far capi­re ai turi­sti l’im­por­tan­za del cap­pe­ro pantesco.

Ornel­la ci dice: “Odo­ran­do que­sti cap­pe­ri il turi­sta deve capi­re qual è il cap­pe­ro pan­te­sco e qual è il cap­pe­ro di fuo­ri”. Natu­ral­men­te io mi sono mes­so in gio­co, ho assa­po­ra­to, per il pri­mo fusto, per­ché è un odo­re ine­brian­te, affa­sci­nan­te, un odo­re che ti coin­vol­ge­va, ti assue­fa­ce­va e pro­prio assue­fat­to. Quin­di è sta­ta un’e­mo­zio­ne bellissima.

In que­sti video, poi ne abbia­mo visti due, e uno par­la­va del Par­co Nazio­na­le, come anche il Par­co Nazio­na­le cer­ca di tute­la­re que­sti pro­dot­ti. Quin­di, che vi pos­so dire, gen­ti­li ascol­ta­to­ri, visi­ta­te il Museo del Cap­pe­ro a Kazen, per­ché meri­ta di esse­re visi­ta­to. Ci sono stru­men­ti che non li tro­vi nean­che più su Ama­zon ormai.

Abbia­mo visto addi­rit­tu­ra vec­chi qua­der­ni con­ta­bi­li che ormai non lo sgual­ci­ti dal tem­po, per come gli impren­di­to­ri una vol­ta, come dice­vo dal 1949 in poi, det­ta­glia­va­no appro­fon­di­ta­men­te le varie ven­di­te e i vari pro­fit­ti e i vari defi­cit del­l’a­zien­da. Bene, ho cer­ca­to di far­vi un sun­to di quel­lo che ho potu­to assa­po­ra­re di que­sta visita.

Vi augu­ro un buon pro­se­gui­men­to di serata.

Da Gia­co­mo Poli­car­do è tutto.

Un cor­dia­le buon pomeriggio.