Lettori e Scrittori: Pantelleria è la mia terra natìa di Rosa D’Aietti

Lettori e Scrittori: Pantelleria è la mia terra natìa di Rosa D’Aietti

08/09/2023 2 Di Redazione

Un altro racconto personale di Rosa D’Aietti che testimonia anche il dileggio a cui tanti bambini del sud erano soggetti nelle scuole del Continente.

Una testimonianza toccante su soprusi che hanno avuto l’effetto di far odiare a quella bambina il dialetto

Pantelleria è la mia terra natìa

Noi pan­te­schi non par­lia­mo pro­prio come i veri sici­lia­ni ovve­ro quel­li che vivo­no sul­la ter­ra­fer­ma. Ricor­do che le mie ami­che, quel­le che veni­va­no da Fava­ra a tra­scor­re­re l’e­sta­te a Kaf­fef, chia­ma­va­no map­pi­ne gli stro­fi­nac­ci che noi chia­ma­va­mo tuvag­gh e tuvag­ghi era­no pure gli asciugamani.

Ricor­do che un gior­no ven­ne un il figlio di un ope­ra­io che era venu­to a Pan­tel­le­ria per lavo­ro da Mes­si­na, e chie­se a mia madre il bag­ghio­lo. 

Mia madre rab­bri­vi­dì: “Ma chi vole stu pic­ciot­to?Pic­ciot­to pre­ci­sia­mo non Caru­so come in continente.

Per di più bag­ghio­li era una brut­ta paro­la a Pan­tel­le­ria, così il bam­bi­no tor­nò dal­la mam­ma sen­za sec­chio, sen­za u cato, che for­se dove­va ser­vi­re loro per riem­pi­re acqua dal­la cisterna.

Già per­ché noi non ave­va­mo l’ac­qua gas­sa­ta liscia o Fer­ra­rel­le, ma l’ac­qua pio­va­na rac­col­ta nel­le ampie cister­ne sot­to le nostre case, ma solo per bere di cer­to, non si spre­ca­va, per il resto c’e­ra l’ac­qua de u puz­zu.

Ai miei tem­pi non c’e­ra tut­to l’a­mo­re per la Sici­lia di oggi, né trop­pa sim­pa­tia per il dialetto.

Mol­ti pen­sa­va­no che fos­si­mo tut­ti mafio­si. Io non ero affat­to orgo­glio­sa del­le mie radi­ci, ma come avrei potu­to esser­lo visto che il pro­fes­so­re mi pren­de­va in giro per la mia E trop­po aperta?

Giu­ro avrei volu­to cam­bia­re cogno­me per un altro diver­so sen­za la E per non dover­lo pro­nun­cia­re ogni gior­no e per non esse­re per­se­gui­ta­ta dal­la risa­ta del pro­fes­so­re segui­ta a raf­fi­ca da quel­la di tut­ta la clas­se. Ero solo una scric­cio­lo di bam­bi­na pic­co­la e indifesa.

Eppu­re la mia iso­la, con il suo Arco del­l’E­le­fan­te, era raf­fi­gu­ra­ta sul nostro libro di Geo­gra­fia, quin­di avrei avu­to di che van­tar­mi. Inve­ce diven­ta­vo sem­pre più piccola.

Non rac­con­tai mai a mia madre di quel­le pre­se in giro sca­te­na­te dal pro­fes­so­re, per­ché far­la sof­fri­re? Lei mi ave­va fat­to cre­de­re che lì avrei tro­va­to un mon­do miglio­re e allo­ra per­ché tut­ti ride­va­no di me?

Figu­ria­mo­ci se allo­ra pote­vo dare valo­re al mio dia­let­to, lo odia­vo inve­ce, vole­vo a tut­ti i costi dimen­ti­car­lo e così è sta­to. Ora quan­do tor­no sul­l’i­so­la, nes­su­no pen­sa che io abbia ori­gi­ni pan­te­sche e a par­te qual­che bat­tu­ta e qual­che voca­bo­lo, è lun­gi da me l’i­dea di parlarlo.

Pro­prio ora che i dia­let­ti sono sta­ti riva­lu­ta­ti. Ahimè..!

Rosa D’A­iet­ti

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