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IL RUOLO DELLE SCIENZE SOCIALI NELLA SALVAGUARDIA DEL PATRIMONIO IMMATERIALE PANTESCO
16/06/2022IL RUOLO DELLE SCIENZE SOCIALI NELLA SALVAGUARDIA DEL PATRIMONIO IMMATERIALE PANTESCO. UNA PROSPETTIVA DI RICERCA
di Andrea Govinda Tusa
In queste pagine vorrei presentare brevemente l’intervento che ho svolto durante il convegno internazionale tenutosi a Palermo il 25 maggio, organizzato dall’ente Parco e dai professori del dipartimento di Scienze Agrarie e Forestali dell’Università di Palermo. In questa importante occasione, in cui è stato presentato il secondo numero de I quaderni del Parco, ho introdotto la mia ricerca sul campo pluriennale a Pantelleria nell’ambito del dottorato in Scienze del Patrimonio Culturale con l’Università di Palermo, concludendo con la presentazione di tre possibili percorsi di “ricerca-azione” che ritengo possano e debbano essere intrapresi sull’isola.
Ho appena ultimato la mia ricerca di dottorato sulle dinamiche di patrimonializzazione culturale legate alla nascita del Parco Nazionale di Pantelleria e al riconoscimento Unesco della pratica della vite ad alberello. Se la prospettiva di Virginie si basava essenzialmente sulle pratiche agricole tradizionali e sull’antropologia delle tecniche, la mia prospettiva parte piuttosto dall’antropologia del patrimonio e dall’antropologia dello sviluppo.
Dal punto di vista metodologico la mia è una ricerca antropologica “classica”, ovvero di lunga durata sul campo. Credo che una ricerca di lunga durata sia necessaria soprattutto quando si affrontano questioni così ampie e complesse. In effetti è estremamente difficile condurre una ricerca antropologica di questo tipo senza prima costruire una rete di rapporti confidenziali e di relazioni sociali che non è possibile certamente creare in pochi giorni. Per instaurare delle relazioni confidenziali, ci vogliono mesi, se non addirittura anni. Ciononostante, non si può parlare di una ricerca antropologica del tutto “classica”, ovvero come si faceva fino a pochi decenni fa. La mia infatti è stata una ricerca “multi-situata”. Piuttosto che adottare una metodologia tradizionale, ovvero una ricerca di lunga durata sul campo in un unico luogo e prendendo un singolo oggetto di ricerca, ho scelto di impostare la mia indagine dialogando e interagendo con soggetti di estrazione sociale differente, portatori di diverse storie di vita ed esperienze, rivolgendomi ad esempio alle associazioni dell’isola, alle grosse aziende vitivinicole, fino alle piccole aziende agricole aderenti all’associazione “Pantelleria Enoica” (ex “Pantelleria Eroica”).
Ho deciso di intraprendere questa ricerca poiché mi interessavano due eventi di rilevanza storica, distinti ma strettamente legati. Da una parte l’istituzione del Parco Nazionale di Pantelleria nel 2016, primo e attualmente unico parco nazionale in Sicilia. Dall’altra i due riconoscimenti che l’Unesco ha conferito all’isola, ovvero l’inserimento della pratica agricola della vite ad alberello e dei muretti a secco nella lista Unesco del patrimonio mondiale immateriale dell’umanità. Il Parco Nazionale, che ha costituito in una prima fase l’oggetto principale della mia indagine, in una seconda fase ha funzionato da “porta d’ingresso” per osservare delle interessanti dinamiche di patrimonializzazione culturale sul territorio, legate sia al riconoscimento Unesco della vite ad alberello, sia alle attività e ai discorsi di alcuni soggetti legati all’agricoltura locale, così come di altre istituzioni e realtà associative del territorio.
L’isola di Pantelleria, grazie alla sua posizione geografica, alle peculiarità e alle criticità di cui parleremo più avanti, è diventata infatti negli ultimi anni un importante luogo di sperimentazione e di attività di ricerca non solo in ambito agronomico, ma anche nel campo delle politiche e delle pratiche ambientali, energetiche e della gestione del paesaggio. In questo nuovo scenario in costante trasformazione, il Parco si pone come principale attore e mediatore sociale e politico.
Le problematiche legate alla gestione, alla tutela e alla salvaguardia del patrimonio ambientale così come del patrimonio culturale rivestono particolare interesse nell’isola di Pantelleria, a causa della sua straordinaria biodiversità e della ricchezza del suo patrimonio naturale, culturale, agricolo e paesaggistico. Inoltre le dinamiche politiche, istituzionali e culturali legate ai processi di creazione e gestione dei parchi così come di altri enti pubblici (come ad esempio l’Area Marina Protetta, già in fase di progettazione) presentano nel quadro di Pantelleria aspetti assolutamente singolari che richiedono una specifica attenzione a causa della criticità dell’area, non solo dal punto di vista geografico-morfologico (incendi, siccità, dissesto idrogeologico, piccole forme di inquinamento), ma anche da quello della gestione del patrimonio da parte delle amministrazioni pubbliche che hanno storicamente dovuto confrontarsi con difficoltà economiche, amministrative, e rischi di derive clientelari.
Come hanno mostrato i contributi più recenti nell’ambito dell’antropologia ambientale, l’analisi di una realtà come quella di un parco nazionale non può limitarsi alla considerazione del rapporto uomo-ambiente. Lo studio di un parco nazionale presuppone piuttosto la constatazione di una compresenza di discorsi, interessi e categorie differenti, implicati in un continuo processo di negoziazione e produzione di senso, e al contempo, con un continuo confronto con le relazioni di potere.
Vorrei esprimere tutta la mia soddisfazione per la pubblicazione di questo importante secondo quaderno del Parco. Si tratta di un gran bel lavoro, che tratta di temi importanti ma con un linguaggio chiaro e accessibile a tutti. E’ un contributo importante per diversi motivi, ma innanzitutto poiché rappresenta un punto di partenza fondamentale non solo per lo studio e la conoscenza del patrimonio immateriale pantesco, ma anche, spero, per tutta una serie di percorsi che a mio avviso andrebbero intrapresi, per la salvaguardia delle pratiche tradizionali agricole e del patrimonio culturale immateriale.
Nell’ultima fase della mia ricerca sul campo, ho individuato tre possibili percorsi di ricerca-azione distinti ma legati, al fine di avviare un processo condiviso e partecipato di salvaguardia del patrimonio immateriale pantesco. Questi percorsi di ricerca-azione dovrebbero essere intanto innescati e avviati. Ma l’obiettivo dovrebbe essere la durata nel tempo, mirando a coinvolgere attivamente la cittadinanza, e in particolar modo gli agricoltori e le aziende agricole. I tre percorsi individuati in seguito allo svolgimento della mia ricerca socio-antropologica nell’ambito del mio dottorato, che vorrei solamente accennare sono: ricerca e catalogazione; musealizzazione; stesura di un piano di salvaguardia.
La prima fase è appunto quella della ricerca e della catalogazione. Grazie a questo secondo quaderno del Parco la strada è in parte spianata, poiché è stato fatto un lavoro notevole. Bisogna continuare su questa strada, cercando di coinvolgere studenti o dottorandi di antropologia provenienti da qualsiasi università.
Il secondo momento è la musealizzazione. Come comunicare e raccontare al pubblico, sia ai panteschi che ai “turisti”, il patrimonio intangibile di Pantelleria? In questo senso un museo della civiltà contadina non è soltanto auspicabile, ma necessario ai fini della salvaguardia del patrimonio culturale immateriale, oltre che per le attività di comunicazione, all’interno dei circuiti delle attività culturali in generale così come dell’offerta turistica dell’isola. Un progetto ideale di musealizzazione prevede sicuramente degli esperti di musealizzazione e degli antropologi. Che tipo di musealizzazione fare? Cosa esporre? Come? Dove? Sono queste alcune delle domande che dovremmo porci.
Piano di salvaguardia. Nel 2014 Pantelleria ha ottenuto l’importante riconoscimento Unesco della pratica della vite ad alberello, in seguito quello dei muretti a secco, senza contare varie altre forme di patrimonializzazione culturale e ambientale. Questo convegno e questa importante pubblicazione dimostrano che questi percorsi sono sempre più fattibili, ma soprattutto importanti. Sia gli agricoltori di Pantelleria che i ricercatori e il mondo accademico hanno potuto constatare come negli ultimi decenni siano spariti una buona parte degli elementi del patrimonio culturale, come ad esempio l’asino, le diverse colture agricole (come i cereali), ma anche tanti altri saperi e tecniche. Credo che lo strumento più adatto per tentare di salvaguardare e tramandare le pratiche “sopravvissute” come la coltivazione della vite, l’ulivo, il cappero, ed altre, sia un vero e proprio piano di salvaguardia redatto da antropologi e ricercatori (ancora meglio se organizzati in equipe interdisciplinare) in collaborazione con il Parco e con gli agricoltori dell’isola. Un piano di salvaguardia è importante poiché stabilisce per iscritto cosa va salvaguardato, come va salvaguardato, da chi, e così via. In realtà non è nulla di nuovo. Infatti in Italia già alcuni riconoscimenti Unesco hanno dei piani di salvaguardia che permettono appunto di mantenere viva la pratica nel tempo, generando anche reddito e sostentamento per la comunità locale.
Foto di Tommaso Brignone
Nasco a Palermo il 15/10/1985. Dopo essermi diplomato al Liceo classico G.Meli di Palermo, mi sono trasferito a Roma dove ho studiato Teorie e pratiche dell’antropologia all’Università La Sapienza. Dopo la laurea triennale a Roma, decido di trasferirmi in Francia dove imparo il francese e studia all’Ecole des Hautes Etudes en Sciences Sociales di Marsiglia. Ho conseguito il master di primo e secondo livello in Ricerche comparative in scienze sociali (antropologia, sociologia, storia) e ho deciso di tornare in Italia, dove vive tra Roma e Palermo, effettuando impieghi e stage di vario tipo. Nel 2007 e nel 2008 ho svolto alcune missioni in Kenya e in Egitto lavorando come “esperto di antropologia” presso alcuni Resort di lusso per la divulgazione delle conoscenze antropologiche tra i turisti. Lavoro per varie ONG impegnate nella cooperazione internazionale, nella lotta alla dispersione scolastica, nell’assistenza ai migranti. Ho svolto un tirocinio di 6 mesi a Lisbona nel “Centro portugues refugiados” grazie al progetto “Leonardo” dell’UE. Ho svolto a Palermo un tirocinio presso la fondazione Ignazio Buttitta e il Museo delle Marionette, nell’ambito del progetto “Garanzia giovani”. Nel 2017 sono stato chiamato dal Rettorato della regione Alpes-Provence-Cote d’Azur per una missione di insegnamento della lingua italiana dapprima in un liceo a Marsiglia e successivamente in una scuola media vicino Marsiglia. Nel 2018 ho vinto una borsa di dottorato in Scienze del patrimonio culturale presso l’Università di Palermo per svolgere una ricerca di antropologia sulle dinamiche innescate nella comunità pantesca dai processi di patrimonializzazione UNESCO della Vite ad Alberello e dei muretti a secco, e dall’istituzione del Parco Nazionale di Pantelleria.