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L’Agnello Didio. Storia pasquale e pantesca verso gli amici animali
17/04/2025La nostra Laura Boggero, con il suo estro e la sua penna affilata, ha scritto un breve racconto per perorare la causa animalista e invitare a non consumare l’agnello a Pasqua. Ne è uscito un nuovo eroe a quattro zampe, giunto a Pantelleria per ricordarci di ‘essere umani’, almeno a Pasqua…
La Redazione di Pantelleria Notizie, sposando l’invito ad una festività senza agnello, augura a tutti i lettori Buona Pasqua!
L’Agnello Didio. Storia pasquale e solidale verso i nostri amici animali. La storia di un agnello fuori dal comune e fuori dal piatto.
Un racconto di Laura Boggero
“Tu sei un agnello pasquale”, gli diceva la madre sin da piccolo, “il massimo a cui un ovino possa aspirare”. E lui ci aveva creduto. Del resto era scritto nel suo nome e cognome: Agnello Didio. Un destino da preghiera, quasi mistico. Si era fatto crescere un manto candido, aveva imparato a belare con intelligenza e a camminare con grazia, come un soufflé su zampe. Ma più si avvicinava la primavera, più sentiva un’inquietudine strana.
Una notte, nella stalla, mentre la radio del pastore spargeva canzoni neomelodiche e profezie pubblicitarie, comprese la verità. Non amara, anzi salata, pepata e con una goccia di miele. Una verità ben rosolata e accompagnata da un contorno d’indifferenza. Agnello Didio era nato per essere sacrificato. E peggio: non per salvare il mondo, ma per arrangiare un menù. Si documentò. Quella era una vera stalla illuminata: Agnello aveva sia la luce accesa che Rousseau sul comodino.
Scoprì d’essere il tredicesimo di una stirpe che, da generazioni, si offriva al sacrificio pasquale con rassegnazione ovina e un vago senso del dovere. La sua tenerezza non commuoveva, si masticava, una tenerezza più da palato che da cuore. Lui era l’agnello sacrificale… ma non aveva firmato nessun contratto. Figurare poi sui ricettari, sia pur di Bottura, anziché nelle sacre scritture, gli pareva una deminutio intollerabile per il suo orgoglio.
Così fece l’unica cosa non sensata da fare: evase e partì in missione. Mission impossible: portare il verbo della compassione in terra di brasato, redimere il presunto homo sapiens. Si procurò un cappello da pescatore e un paio di occhiali da sole. Alle 14 era già col culo sulla Trapani-Pantelleria, nave senz’altro non veloce, ma intanto lui non era lupo di mare, piuttosto montone d’entroterra. Era il primo agnello in crociera, senza far parte del buffet, dunque si sentiva già passeggero di prima classe. Sul ponte respirava salsedine e libertà.
Sbarcò in incognito e si inerpicò su per Kuddia Bruciata. Con una meta precisa: il dammuso di Anita e Giovanni, i suoi sponsor, la famiglia che lo aveva prenotato a distanza per allietare la tavola pasquale. Lo trovò subito, odorava di cipolla e rosmarino. Era un odore di casa, d’infanzia, di rischio calcolato. Bussò.
“Buongiorno, sono il piatto forte di domenica. Ma sono venuto a negoziare alternative”.
Anita e Giovanni erano brave persone, tradizionali, come il centrino sul comò e il rosario appeso allo specchietto della Panda. Andavano a messa la mattina di Pasqua, come precauzione, una volta l’anno, come il cambio dell’olio. A pranzo mangiavano l’agnello, ma senza cattiveria, con il sorriso, un buon bicchiere di vino e senza farsi domande inutili sull’etica. Non avrebbero mai fatto male ad una mosca e meno che mai ad una colomba. Ed infatti la prendevano Bauli, senza piume, cosparsa di zuccherini, da affettare senza sensi di colpa, se non per la ciccia sui fianchi. Non erano crudeli, senza compassione, ma solo ben educati dalla catena alimentare. Incoscienza marinata nell’abitudine.
Sedettero in cucina.
“Cari amici, vi ringrazio dell’adozione a distanza, anche se con scadenza a breve. Quest’anno, tuttavia, preferirei una prenotazione in agriturismo, più che un soggiorno torrido in forno statico. Ce n’è uno verso Scauri che mi piace, l’ho visto su Facebook” disse Agnello con voce lenta, ma decisa, sacerdotale.
E sfoderò il pezzo forte, una presentazione in Power Point intitolata: “Il rispetto non si cuoce in padella”.
Mostrò allevamenti intensivi visti dall’altezza di uno stinco, sguardi smarriti di ovini in fila per il casting di “Pasqua da incubo”, un sondaggio sulle proteine vegetali, un’intervista esclusiva con uno spiedo e una citazione di Epicuro scritta sul tovagliolo di un fast food vegano alla moda. Poi estrasse l’arma definitiva, un giro di trap scritto da lui: “Ya ya, sono tenero, ma non stupido, non mi sdraio sul vassoio lucido. Scalda il cuore, non il fornello, non sono cibo, son fratello”.
Giovanni si commosse. Anche Anita, sembrava. Scoppiò in lacrime, ma più che altro pensava al menù andato in fumo. Singhiozzò: “Posso fare almeno le uova ripiene?” Agnello annuì con condiscendenza. Poi si voltò ed uscì. I lembi del suo trench sibilirano lievi nell’aria, come quelli di Neo quando smise di dubitare. Solo che Agnello Didio non aveva mai avuto dubbi.
Agnello Didio che togli le patate dal forno, dona a noi la pace. Amen.
Da quel giorno Anita e Giovanni non cucinarono mai più carne a Pasqua. Si convertirono al cous cous di verdure, chiamandolo “tradizione rivisitata” per non perdere la faccia con i parenti.
Ogni anno però lasciavano un piatto vuoto a tavola. Per lui. Per l’agnello che li aveva fatti ESSERI UMANI.
Copertina di Laura Boggero

Laura Boggero, atleta di bodybuilding, docente e fitness trainer, content creator, scrittrice.