Aspettando l’asinello, un attore speciale al giorno: Giacomo Policardo Giacomo Policardo, la voce che illumina…
Aspettando l’asinello, un attore speciale al giorno: Quintina Policardo
30/09/2025Aspettando l’asinello, un attore speciale al giorno: Quintina Policardo
Quintina e le orecchie dell’asinello
Un brutto diabete le ha portato via un dito del piede e, un anno fa, la vista. Da allora Quintina vive nel buio, un buio che non è facile da accettare. La vista è uno dei doni più grandi che possediamo: ci orienta, ci protegge, ci regala colori, volti, paesaggi. Perdere questa luce significa dover reinventare se stessi, passo dopo passo.
Nella nostra commedia, Quintina dà voce all’asinello. È stato Giacomo, con infinita pazienza, a ripeterle le battute finché lei non le ha sapute a memoria. A casa le ripete senza problemi, con sicurezza. All’Albero Azzurro invece si emoziona, e allora può capitare che dimentichi l’ordine delle parole. In quei momenti mi stringe il cuore: appare sperduta e imbarazzata, quasi mortificata, delusa di se stessa. Ma è proprio lì che emerge la sua forza: cerca sempre di fare del suo meglio, e tutti al centro le vogliono bene, incoraggiandola con affetto.
Diverse volte la settimana deve recarsi in ospedale per la medicazione al piede. Un dolore e una fatica in più, perché quella ferita non le consente di camminare o di stare a lungo in piedi. Nonostante questo, lei non rinuncia a esserci: arriva, affronta la sua parte, si mette in gioco con coraggio.
Arriva sempre accompagnata dal marito Vincenzo: un uomo che la segue con amore e con una tenerezza che commuove. Mi rammarico che Quintina non possa più vedere quello sguardo così pieno di dedizione, ma sono certa che lo “senta” ogni giorno.
Certe volte la colgo assorta, con un velo di tristezza negli occhi che non vedono più. Ma quando sorride – e accade all’improvviso, con la forza di chi resiste – illumina l’intera stanza. Con le orecchie dell’asinello diventa insieme dolce e buffa, e a quel punto tutti, attorno a lei, ci sentiamo più leggeri. Spesso alla fine del pomeriggio di prove arriva Argo, il suo setter dolce e fedele; si accuccia accanto a lei come se sapesse che il suo compito è vegliare, calmare, dare tenerezza.
Un giorno, per gioco, abbiamo preso le orecchie dell’asinello e le abbiamo messe proprio a lui, ad Argo. Era buffissimo: quel cane elegante e affettuoso trasformato in un asinello improvvisato. Tutti ridevano, e la più allegra di tutti era proprio Quintina. Lei rideva senza vederlo, eppure voleva ugualmente la foto: “fammi vedere”, ha detto. In quel momento ho capito che certe immagini non servono agli occhi, ma arrivano dritte al cuore.
Ci sono persone che hanno una vita più fortunata di altre, e incontrare Quintina me lo ricorda ogni volta. Le sue giornate sono fatte di ostacoli che noi nemmeno immaginiamo, eppure lei trova ancora la forza di esserci, di provare, di sorridere. Guardandola, penso che dovremmo imparare a ringraziare per ogni giorno passato bene, per ogni passo che facciamo senza dolore, per ogni sguardo che possiamo ancora posare sul mondo. Quintina tocca le mie corde più profonde. Mi ricorda una zia che non c’è più. La sua dolcezza mi commuove, il suo tono di voce e la sua maniera di guardare senza vedere mi inteneriscono.
Il suo modo di sbattere le ciglia, come a mandar via la polvere che le impedisce di vedere, mi resterà sempre impresso: è un gesto leggero, quasi impercettibile, ma pieno di significato. Come se dentro di lei continuasse a esistere un desiderio ostinato di luce.
Cosa mi insegna Quintina?
La resilienza silenziosa: affronta dolore, buio e limitazioni senza smettere di provarci, anche quando sembra smarrita.
Il coraggio della fragilità: non nasconde le sue difficoltà, anzi le attraversa davanti agli altri, mostrando che la vulnerabilità non è una sconfitta, ma una forma di verità.
La forza dell’amore ricevuto: accetta con fiducia il sostegno del marito e degli amici del centro, ricordandoci che non siamo mai soli davvero.
Il potere di un sorriso: quando sorride, nonostante tutto, illumina lo spazio intorno a sé, e ci fa capire che la luce può nascere anche nel buio.
Lucia Boldi

Lucia Boldi, nata a Palermo nel 1961, ama definirsi una collezionista di storie e di emozioni. Da giovanissima ha firmato articoli di attualità per il giornale L’Ora. Negli anni ottanta, nella storica via Libertà, ha aperto una boutique, diventata presto luogo di nicchia per le appassionate di moda. Per quasi quarant’anni ha ricercato la bellezza nei vestiti e fatto emozionare tante donne grazie alla linea ardita di un abito, alla consistenza eterea di un caftano in seta o alla forma originale di una collana. Quando la moda ha smesso di darle il batticuore, ha scoperto che con la penna poteva ricreare lo stesso incanto. Scegliere le collezioni o scrivere libri sono due attività che, a suo dire, si somigliano: si tratta sempre di esprimere la propria personalità e i propri sentimenti, anche se in maniera diversa. Cucurummà è il suo romanzo d’esordio.

