Aspettando l’asinello, un attore speciale al giorno: Nino Perniciaro

Aspettando l’asinello, un attore speciale al giorno: Nino Perniciaro

29/09/2025 0 Di Lucia Boldi

Aspettando l’asinello, un attore speciale al giorno: Nino Perniciaro

Nino Perniciaro, da “cocciu di focu” a pietra che insegna ad aspettare

All’Albero Azzur­ro c’è un “ragaz­zo” che in real­tà è il più gran­de di tut­ti, ma anche il più gio­va­ne nel sor­ri­so pazien­te con cui affron­ta que­sta nuo­va avven­tu­ra tea­tra­le. Si chia­ma Nino Per­ni­cia­ro e fino a otto anni fa era, come dice sua moglie Rosa­lia, “un coc­ciu di focu”: un pez­zo di bra­ce arden­te, un uomo che non sta­va mai fer­mo, sem­pre in movi­men­to, sem­pre acce­so dentro.

Impre­sa­rio edi­le, ex cal­cia­to­re nel­le gio­va­ni­li del Tra­pa­ni, alle­na­to­re di cal­cio a Pan­tel­le­ria e tifo­sis­si­mo dell’Inter, gran­de bal­le­ri­no a Car­ne­va­le nei cir­co­li dell’isola, Nino vive­va di pro­get­ti e di pas­sio­ni. Poi, un mat­ti­no qua­lun­que, la vita lo ha fer­ma­to. Un’emorragia cere­bra­le, il coma, tre mesi sospe­so tra il son­no e il ritor­no. La dia­gno­si: ami­loi­do­si cerebrale.

L’amiloidosi è una malat­tia rara, qua­si miste­rio­sa. È come se alcu­ne pro­tei­ne, che nor­mal­men­te scor­ro­no leg­ge­re nel cor­po, a un cer­to pun­to si tra­sfor­mas­se­ro in pic­co­li gra­nel­li duri e si depo­si­tas­se­ro negli orga­ni. Gra­nel­li invi­si­bi­li che però pesa­no, incep­pa­no, fer­ma­no il rit­mo natu­ra­le del­la vita. Nel cer­vel­lo di Nino que­sti gra­nel­li han­no por­ta­to al silen­zio improv­vi­so di un’emorragia, spe­gnen­do di col­po il suo fuo­co instancabile.

Al risve­glio, ini­zia­va una secon­da vita, segna­ta dal­la ria­bi­li­ta­zio­ne con­ti­nua, dal­la sedia a rotel­le e da una sfi­da quo­ti­dia­na con i pro­pri limiti.

La len­tez­za che obbli­ga a guar­da­re tut­to con occhi diver­si, lo ha costret­to a nasce­re una secon­da vol­ta. In que­sta sfi­da non è mai sta­to solo: accan­to a lui c’è Rosa­lia, oste­tri­ca e moglie amo­re­vo­le, che è diven­ta­ta per lui un vero ange­lo cadu­to dal cie­lo. Lo accom­pa­gna alle pro­ve del­la com­me­dia, lo inco­rag­gia, lo sti­mo­la. E non si è tira­ta indie­tro nep­pu­re di fron­te al pal­co­sce­ni­co: è lei che ha cuci­to con le sue mani i man­tel­li dei vian­dan­ti e del ven­to, tra­sfor­man­do un gesto pra­ti­co in un atto di par­te­ci­pa­zio­ne e di amore.

Nino nel­la com­me­dia inter­pre­ta una pie­tra. Una par­te silen­zio­sa, immo­bi­le. Eppu­re, è for­se la più den­sa di signi­fi­ca­to: la pie­tra aspet­ta, non par­la, non si muo­ve. Ma nell’attesa qual­co­sa acca­de, den­tro e fuo­ri: si cre­sce, si cam­bia, si pren­de consapevolezza.

Così, Nino – che un tem­po era bra­ce acce­sa – oggi è pie­tra viva. La sua pre­sen­za ci ricor­da che non è solo l’azione a dar­ci valo­re, ma anche la for­za silen­zio­sa dell’attesa, il corag­gio di resta­re, la capa­ci­tà di tra­sfor­ma­re un desti­no in una lezio­ne per tutti.

Cosa mi insegna Nino?

Nino mi inse­gna che si può cam­bia­re pel­le sen­za per­de­re l’anima.
Che si può pas­sa­re dal fuo­co che cor­re alla pie­tra che atten­de, e con­ti­nua­re a bru­cia­re dentro.
Mi inse­gna che la vera for­za non sem­pre fa rumo­re: a vol­te è silen­zio, pazien­za, presenza.
Mi inse­gna che l’amore – quel­lo di Rosa­lia che gli cuce addos­so man­tel­li di corag­gio ogni gior­no – è la più gran­de sce­no­gra­fia che la vita pos­sa offrire.
E che a vol­te la par­te più dif­fi­ci­le, quel­la che sem­bra muta e immo­bi­le, è in real­tà la più lumi­no­sa di tut­te. E infi­ne, mi inse­gna che la vita può cam­bia­re in un istan­te, ma non per que­sto per­de il suo senso.

Lucia Bol­di