I beni del Demanio Marittimo: definizione, funzione e classificazione

I beni del Demanio Marittimo: definizione, funzione e classificazione

01/07/2020 2 Di Redazione

Il nuovo Tenente di Vascello, Antonio Terrone, a capo della Capitaneria di Porto di Pantelleria, riprende con questo suo primo scritto la Rubrica del Mare, che nelle prossime settimane si arricchirà di contenuti video per tenere aggiornati panteschi e turisti sulla stagione estiva sull’isola.

L’argomento, per Pantelleria, è di estremo interesse, dato che tanti luoghi chiave dell’isola sono proprio di proprietà del Demanio Marittimo

I BENI DEL DEMANIO MARITTIMO: DEFINIZIONE, FUNZIONE E CLASSIFICAZIONE

Mol­ti di noi avran­no sen­ti­to par­la­re alme­no una vol­ta nel­la vita del fan­to­ma­ti­co dema­nio marit­ti­mo, ma in cos’è in real­tà il dema­nio marittimo? 

In gene­ra­le per dema­nio sta­ta­le in gene­ra­le s’intendono tut­ti i beni appar­te­nen­ti allo Sta­to, desti­na­ti per natu­ra o per leg­ge al sod­di­sfa­ci­men­to di una fun­zio­ne pub­bli­ca e per­ciò sot­trat­ti al com­mer­cio, con i qua­li la col­let­ti­vi­tà entra in rap­por­to di frui­zio­ne diret­to e gratuito.

Più in par­ti­co­la­re, il dema­nio desti­na­to a sod­di­sfa­re gli usi pub­bli­ci del mare, ricon­du­cen­do a tale cate­go­ria non solo quel­li con­cer­nen­ti le atti­vi­tà in con­nes­sio­ne diret­ta col mare (pesca, navi­ga­zio­ne, ecc.) ma anche quel­li che pre­sup­pon­go­no l’utilizzazione indi­ret­ta a favo­re del­la col­let­ti­vi­tà (dipor­to, bal­nea­zio­ne, ecc.), rien­tra nel­la cate­go­ria del dema­nio marit­ti­mo. I beni dema­nia­li marit­ti­mi fan­no par­te del dema­nio neces­sa­rio. Il dema­nio neces­sa­rio com­pren­de tut­ti quei beni immo­bi­li che per natu­ra sono tut­ti di pro­prie­tà del­lo Sta­to, e solo ecce­zio­nal­men­te del­le Regio­ni (ad es. nel­la Regio­ne Sici­lia il tra­sfe­ri­men­to dei beni dema­nia­li marit­ti­mi è avve­nu­to col D.P.R. n. 684/1977).

La natu­ra dema­nia­le di tali beni si fon­da, pre­mi­nen­te­men­te, sul­la poten­zia­le uti­liz­za­bi­li­tà degli stes­si per i cosid­det­ti usi pub­bli­ci del mare (dipor­to, navi­ga­zio­ne, bal­nea­zio­ne, pesca, turi­smo, ecc.) coe­ren­te­men­te con la loro natu­ra­le desti­na­zio­ne. Ne con­se­gue che ai fini del­la dema­nia­li­tà rile­va non solo l’idoneità astrat­ta insi­ta nel bene, ma anche la sua fun­zio­ne pub­bli­ca nei con­fron­ti del­la col­let­ti­vi­tà. Da quan­to anzi­det­to sca­tu­ri­sce il cri­te­rio su cui si basa l’individuazione del bene dema­nia­le, ossia l’uso pub­bli­co del mare cui fa espres­so rife­ri­men­to l’art. 35 c.n.

I beni del dema­nio marit­ti­mo costi­tui­sco­no, per la vasti­tà dell’estensione ter­ri­to­ria­le e la par­ti­co­la­ri­tà del­le uti­liz­za­zio­ni, la cate­go­ria di beni pub­bli­ci di mag­gio­re rilie­vo ambien­ta­le. Ele­men­to comu­ne di tali beni è il fat­to di deli­mi­ta­re o cir­con­da­re lo spa­zio acqueo marino.

Antonio Terrone Guardia Costiera Pantelleria

T. V. Anto­nio Terrone

Il bene dema­nia­le appar­tie­ne allo Sta­to ed è desti­na­to, per natu­ra o per leg­ge, al sod­di­sfa­ci­men­to di una fun­zio­ne pub­bli­ca, da ciò discen­de la sua ina­lie­na­bi­li­tà, incom­mer­cia­bi­li­tà ed ine­spro­pria­bi­li­tà. Ne con­se­gue che i beni che fan­no par­te del dema­nio in gene­ra­le e marit­ti­mo in par­ti­co­la­re non pos­so­no for­ma­re ogget­to di dirit­ti a favo­re di ter­zi se non nei modi e nei limi­ti sta­bi­li­ti da leg­gi spe­ci­fi­che (Cass., Sez. II, 17 mar­zo 1998 n. 2844).

L’attribuzione ai pri­va­ti di dirit­ti di godi­men­to sui beni del dema­nio marit­ti­mo si rea­liz­za attra­ver­so prov­ve­di­men­ti uni­la­te­ra­li di con­ces­sio­ne, prov­ve­di­men­ti rien­tran­ti nell’ampio con­cet­to di prov­ve­di­men­ti di poli­zia ammi­ni­stra­ti­va, e non quin­di attra­ver­so con­trat­ti di dirit­to comu­ne; ed il loro godi­men­to a sco­pi lucra­ti­vi (da par­te dei pri­va­ti) non può avve­ni­re gratuitamente.

Una pri­ma clas­si­fi­ca­zio­ne nazio­na­le (poi­ché i vari sta­ti pre­u­ni­ta­ri ave­va­no diver­se legi­sla­zio­ni in mate­ria) dei beni facen­ti par­te del dema­nio marit­ti­mo si rin­ve­ni­va nel Codi­ce del­la Mari­na Mer­can­ti­le del 1865 (entra­to in vigo­re il 1° Gen­na­io 1866), che all’art. 157 elen­ca­va fra i beni del pub­bli­co dema­nio il lido del mare, i por­ti, i seni e le spiag­ge. La clas­si­fi­ca­zio­ne defi­ni­ti­va è, inve­ce, da ricon­dur­si al Codi­ce del­la navi­ga­zio­ne (e all’annesso Rego­la­men­to per la navi­ga­zio­ne marit­ti­ma) di cui al R.D. n. 327/1942, entra­to in vigo­re il 21 apri­le 1942 e tut­to­ra vigen­te. In par­ti­co­la­re, i beni facen­ti par­te del dema­nio marit­ti­mo sono elen­ca­ti nell’art. 28 c.n. (gene­ral­men­te con­si­de­ra­to come una spe­ci­fi­ca­zio­ne inte­gra­ti­va dell’art. 822 del Codi­ce Civi­le) che cita testual­men­te: “Fan­no par­te del dema­nio marit­ti­mo: a) il lido, la spiag­gia, i por­ti, le rade; b) le lagu­ne, le foci dei fiu­mi che sboc­ca­no in mare, i baci­ni di acqua sal­sa o sal­ma­stra che alme­no una par­te dell’anno comu­ni­ca­no col mare; c) i cana­li uti­liz­za­bi­li ad uso pub­bli­co marittimo”.

L’elencazione di cui all’art. 28 c.n. com­pren­de diver­se tipo­lo­gie di beni dema­nia­li marit­ti­mi che si dif­fe­ren­zia­no, gli uni dagli altri, per i loro intrin­se­ci carat­te­ri fisi­ci e per l’utilizzo che di essi vie­ne fat­to. In par­ti­co­la­re il Codi­ce del­la navi­ga­zio­ne distingue:

Il lido del mare che, per defi­ni­zio­ne, è quel­la por­zio­ne di lito­ra­le che si tro­va ad imme­dia­to con­tat­to con il mare e che si esten­de fin dove arri­va­no le mas­si­me mareg­gia­te inver­na­li, con esclu­sio­ne dei momen­ti di tem­pe­sta. Nel­la nozio­ne di lido rien­tra­no anche le sco­glie­re, gli sco­gli, i mas­si sco­glio­si, le dighe natu­ra­li, i pro­mon­to­ri e le pun­te, in quan­to si pre­sen­ta­no in ade­ren­za con il mare. Per giu­ri­spru­den­za ormai con­so­li­da­ta (Cass. n. 2417, Sez. II 23 apri­le 1981), ai fini dell’appartenenza di un’area rivie­ra­sca al dema­nio marit­ti­mo, si riten­go­no essen­zia­li i seguen­ti requi­si­ti: a) che l’area sia nor­mal­men­te coper­ta dal­le mareg­gia­te ordi­na­rie; b) che alme­no in pas­sa­to sia sta­ta som­mer­sa e che tut­to­ra sia uti­liz­za­bi­le per uso marit­ti­mo; c) che, comun­que, il bene sia neces­sa­ria­men­te adi­bi­to ad usi atti­nen­ti alla navi­ga­zio­ne, anche solo potenzialmente.

La spiag­gia è costi­tui­ta dal­la zona che dal mar­gi­ne inter­no del lido si esten­de ver­so ter­ra. Essen­do una zona sog­get­ta a modi­fi­ca­zio­ne, in quan­to si può restrin­ge­re a cau­sa dell’azione del­le for­ze ero­si­ve del mare oppu­re può ampliar­si qua­lo­ra le acque si riti­ri­no, in essa vige il prin­ci­pio secon­do il qua­le il muta­men­to del­lo sta­to dei luo­ghi è ido­neo a mutar­ne il regi­me giu­ri­di­co, sen­za che occor­ra un appo­si­to prov­ve­di­men­to amministrativo.

Gli are­ni­li sono trat­ti di ter­ra­fer­ma deter­mi­na­ti­si con il natu­ra­le riti­rar­si del­le acque che pur aven­do per­so un’immediata ido­nei­tà ai pub­bli­ci usi del mare ne con­ser­va­no la poten­zia­li­tà. Essi han­no natu­ra dema­nia­le marit­ti­ma fino a quan­do non inter­ven­ga un decre­to di sde­ma­nia­liz­za­zio­ne da par­te del Mini­stro del­le Infra­strut­tu­re e dei Tra­spor­ti di con­cer­to con quel­lo per le Finan­ze, su pro­po­sta del Capo del Com­par­ti­men­to marit­ti­mo, come pre­vi­sto dall’art. 35 c.n.

I por­ti sono quei trat­ti di costa, natu­ra­li ed arti­fi­cia­li, ido­nei ad offri­re rifu­gio ed age­vo­la­re l’approdo del­le navi al ripa­ro dai ven­ti e dal­le onde. Que­sta nozio­ne di por­to appa­re d’ampia por­ta­ta in quan­to non si rife­ri­sce alla sola desti­na­zio­ne com­mer­cia­le, e per que­sto rap­pre­sen­ta un’innovazione rispet­to al vec­chio Codi­ce (T.U. n. 3095 del 1885) che sud­di­vi­de­va i por­ti in due cate­go­rie: quel­li che inte­res­sa­va­no la sicu­rez­za del­la navi­ga­zio­ne in gene­ra­le e la dife­sa mili­ta­re del­lo Sta­to e quel­li che inte­res­sa­va­no il com­mer­cio. Tale inno­va­zio­ne risul­ta altre­sì rece­pi­ta dal­la L. n. 84/1994, che clas­si­fi­ca i por­ti in base alle loro fun­zio­ni e carat­te­ri­sti­che (mili­ta­ri, com­mer­cia­li, indu­stria­li, petro­li­fe­ri, pesche­rec­ci, turi­sti­ci e da diporto).

Le rade sono zone di mare nor­mal­men­te pro­spi­cien­ti o pros­si­me al por­to, ma anche di mare aper­to, che offro­no la pos­si­bi­li­tà di una sosta tem­po­ra­nea alle navi in quan­to al ripa­ro dai ven­ti e dai maro­si. Le rade si defi­ni­sco­no natu­ra­li se il ripa­ro è dovu­to ad ele­men­ti natu­ra­li (iso­le, ban­chi­na­men­ti, ecc.), ovve­ro in pro­tet­ta o fora­nee a secon­da se il ripa­ro è offer­to da tut­te o da alcu­ne direzioni.

Le lagu­ne sono gli spec­chi d’acqua situa­ti nel­le vici­nan­ze del mare. Si distin­guo­no in lagu­ne vive, se comu­ni­can­ti con il mare, lagu­ne mor­te, se sepa­ra­te o sta­gnan­ti. Nel­le lagu­ne vive le aper­tu­re comu­ni­can­ti con il mare pren­do­no il nome di “boc­che di porto”.

Le foci dei fiu­mi sono sta­te inclu­se nell’art. 28 c.n. (che con­si­de­ra solo le foci dei fiu­mi che sboc­ca­no in mare) per non inter­rom­pe­re il prin­ci­pio di con­ti­nui­tà e di con­ti­gui­tà del­le coste e poi­ché rile­va la loro uti­liz­za­bi­li­tà ai pub­bli­ci usi marit­ti­mi. In base all’art. 31 c.n. nei luo­ghi nei qua­li il mare comu­ni­ca con i fiu­mi i limi­ti dema­nia­li sono fis­sa­ti dal Mini­stro del­le Infra­strut­tu­re e dei Tra­spor­ti di con­cer­to con le altre ammi­ni­stra­zio­ni inte­res­sa­te e comun­que, la fis­sa­zio­ne di tali limi­ti si fon­da su cri­te­ri di carat­te­re fun­zio­na­le (come nel caso di por­ti fluviali).

I baci­ni d’acqua sal­sa o sal­ma­stra sono baci­ni di bas­so fon­da­le d’origine sia mari­na sia flu­via­le, esi­sten­ti nel­la ter­ra­fer­ma, in cui lo sta­to dei luo­ghi ren­de pos­si­bi­le la pene­tra­zio­ne ed il riflus­so dell’acqua del mare, anche solo per una par­te dell’anno. La comu­ni­ca­zio­ne può avve­ni­re anche attra­ver­so cana­li costrui­ti dall’uomo pur­ché l’acqua del mare pos­sa afflui­re libe­ra­men­te al baci­no sen­za l’ausilio di mez­zi mec­ca­ni­ci. Non è neces­sa­rio che l’acqua del mare sia l’unica acqua del baci­no, pur­ché la misce­la sia alme­no salmastra.

I cana­li, pene­tran­do nel­la ter­ra­fer­ma, col­le­ga­no gli appro­di inter­ni con il mare. Sono assog­get­ta­ti alla disci­pli­na del dema­nio marit­ti­mo indi­pen­den­te­men­te dal­la natu­ra del­le acque, in quan­to stru­men­ta­li agli usi pub­bli­ci del mare.

L’articolo 29 c.n. cita, infi­ne, le per­ti­nen­ze del dema­nio marit­ti­mo ossia: “le costru­zio­ni e le altre ope­re appar­te­nen­ti allo Sta­to, che esi­sto­no entro i limi­ti del dema­nio marit­ti­mo e del mare ter­ri­to­ria­le, sono con­si­de­ra­te come per­ti­nen­ze del dema­nio stes­so”. Tali ope­re (fari, moli, argi­ni, ecc.) sono carat­te­riz­za­te da un rap­por­to di acces­so­rie­tà rispet­to al bene dema­nia­le, col qua­le si immedesimano.

In mate­ria di dema­nio marit­ti­mo assu­mo­no, inol­tre, par­ti­co­la­re rilie­vo gli isti­tu­ti disci­pli­na­ti dagli artt. 31 e ss. c.n. (appo­si­zio­ne di limi­ti, deli­mi­ta­zio­ne, amplia­men­to, e desti­na­zio­ne ad altri usi pub­bli­ci dei beni dema­nia­li marit­ti­mi) qui di segui­to accennati.

Trat­tan­do di appo­si­zio­ne di limi­ti il Codi­ce del­la navi­ga­zio­ne san­ci­sce che, nei luo­ghi dove il mare comu­ni­ca con cana­li, fiu­mi o altri cor­si d’acqua, i limi­ti del dema­nio marit­ti­mo sono fis­sa­ti dal Mini­stro del­le Infra­strut­tu­re e dei Tra­spor­ti di con­cer­to con quel­li del­le Finan­ze e dei Lavo­ri Pub­bli­ci. La natu­ra di det­ta appo­si­zio­ne di limi­ti, e la con­se­guen­te iscri­zio­ne del bene indi­vi­dua­to in appo­si­ti elen­chi, è rite­nu­ta un atto di rico­gni­zio­ne, non costi­tu­ti­vo del­la dema­nia­li­tà (cfr. Cass., Sez. II, 29 apri­le 2003 n. 6657), né del­la appar­te­nen­za del bene ad una deter­mi­na­ta amministrazione.

Per quan­to con­cer­ne il pro­ce­di­men­to di deli­mi­ta­zio­ne dema­nia­le è neces­sa­rio fare rife­ri­men­to agli artt. 32 c.n. e 58 r.c.n.. Ratio di tali nor­me è l’accertamento dei con­fi­ni del­le zone dema­nia­li marit­ti­me con i fon­di con­ti­gui appar­te­nen­ti a ter­zi o ad altre tipo­lo­gie di beni dema­nia­li. Ai sen­si dell’art. 32 c.n. “è il Capo del Com­par­ti­men­to marit­ti­mo a dispor­re, quan­do sia neces­sa­rio o comun­que lo riten­ga oppor­tu­no, la deli­mi­ta­zio­ne di zone del dema­nio marit­ti­mo”. Dal dispo­sto nor­ma­ti­vo sem­bre­reb­be trat­tar­si di atti­vi­tà discre­zio­na­le, in real­tà la discre­zio­na­li­tà è da inten­der­si nel sen­so che l’Autorità marit­ti­ma pro­ce­de alla deli­mi­ta­zio­ne allor­quan­do ricor­ra­no due con­di­zio­ni: che esi­sta un inte­res­se pub­bli­co attua­le e con­cre­to, e che vi sia incer­tez­za dei con­fi­ni tra pro­prie­tà pri­va­ta e dema­nio marit­ti­mo (cfr. Cons. St., Sez. VI, 16 feb­bra­io 1979, n. 80). L’istituto si fon­da, quin­di, sul pre­sup­po­sto che vi sia incer­tez­za solo sull’estensione del­la dema­nia­li­tà, non anche sul­la qua­li­fi­ca­zio­ne giu­ri­di­ca dei ter­re­ni con­fi­nan­ti (tito­lo e regi­me di appar­te­nen­za degli stes­si). Su tale pre­sup­po­sto, quin­di, la giu­ri­spru­den­za ha sta­bi­li­to che deve esse­re affer­ma­ta la giu­ri­sdi­zio­ne del Giu­di­ce ordi­na­rio sul­la doman­da con la qua­le il pri­va­to fac­cia vale­re, nei con­fron­ti del­la pub­bli­ca ammi­ni­stra­zio­ne, il dirit­to di pro­prie­tà su di un deter­mi­na­to immo­bi­le (cfr. Cass. S.U. 22 giu­gno 1978 n. 3068). La cer­tez­za dei con­fi­ni del­le zone dema­nia­li è di fon­da­men­ta­le impor­tan­za per la legit­ti­mi­tà di qual­si­vo­glia prov­ve­di­men­to, sia di poli­zia ammi­ni­stra­ti­va sia di poli­zia giu­di­zia­ria, posto in esse­re dall’Autorità ammi­ni­stra­ti­va e che abbia per ogget­to l’occupazione del­le zone stes­se (es. ordi­ni di sgom­be­ro, seque­stro del­le ope­re abu­si­ve, ecc.), non­ché per il rispet­to di distan­ze o altri vin­co­li lega­li. Pro­prio per tale ragio­ne, la dot­tri­na ritie­ne che il pro­ce­di­men­to di deli­mi­ta­zio­ne può esse­re con­si­de­ra­to espres­sio­ne del pote­re di auto­tu­te­la dell’amministrazione marit­ti­ma (ex art. 823 c.c.). Le ope­ra­zio­ni di deli­mi­ta­zio­ne sono ese­gui­te in con­trad­dit­to­rio con i pro­prie­ta­ri fron­ti­sti, que­sti sono invi­ta­ti ad inter­ve­ni­re ed a pro­dur­re i loro tito­li e la loro assen­za non pre­giu­di­ca l’espletamento del­le pro­ce­du­re deli­mi­ta­ti­ve. Nell’ambito dell’anzidetta pro­ce­du­ra agli stes­si pri­va­ti sono comun­que garan­ti­ti i pote­ri di dife­sa (cfr. Cons. St., Sez. VI, 4 dicem­bre 2001 n. 6054). Il prov­ve­di­men­to di deli­mi­ta­zio­ne e la con­se­guen­te appo­si­zio­ne di limi­ti, è, comun­que, da con­si­de­rar­si un atto di rico­gni­zio­ne non costi­tu­ti­vo, ben­sì dichia­ra­ti­vo del­la dema­nia­li­tà già insi­ta nel bene stesso.

Una diver­sa pro­ce­du­ra è pre­vi­sta dall’art. 33 c.n. che reci­ta: “quan­do per neces­si­tà dei pub­bli­ci usi del mare occor­ra com­pren­de­re nel dema­nio marit­ti­mo zone di pro­prie­tà pri­va­ta di limi­ta­ta esten­sio­ne e di lie­ve valo­re ad esso adia­cen­ti, ovve­ro i depo­si­ti e gli sta­bi­li­men­ti men­zio­na­ti nell’art. 52, la dichia­ra­zio­ne di pub­bli­co inte­res­se per l’espropriazione è fat­ta con decre­to del Mini­stro del­le Infra­strut­tu­re e dei Tra­spor­ti, di con­cer­to con quel­lo per le Finan­ze. Il decre­to costi­tui­sce tito­lo per l’immediata occu­pa­zio­ne del bene da espro­pria­re”. Tale pro­ce­du­ra det­ta di amplia­men­to ha, secon­do auto­re­vo­le dot­tri­na, carat­te­re ecce­zio­na­le. L’art. 34 c.n. dispo­ne che deter­mi­na­te par­ti del dema­nio marit­ti­mo pos­sa­no esse­re desti­na­te, con prov­ve­di­men­to del Mini­stro del­le Infra­strut­tu­re e dei Tra­spor­ti (su richie­sta dell’amministrazione inte­res­sa­ta), ad altri usi pub­bli­ci, ces­sa­ti i qua­li ripren­do­no la loro nor­ma­le desti­na­zio­ne. In que­sto caso seb­be­ne il pote­re di gestio­ne sia tra­sfe­ri­to all’amministrazione inte­res­sa­ta ad un’utilizzazione diver­sa dai pub­bli­ci usi del mare, i pote­ri di poli­zia ammi­ni­stra­ti­va e giu­di­zia­ria per­man­go­no in capo all’amministrazione “con­ce­den­te”.

Con­clu­den­do il Codi­ce del­la navi­ga­zio­ne anno­ve­ra, infi­ne, il pro­ce­di­men­to di esclu­sio­ne di zone dal dema­nio marit­ti­mo o sde­ma­nia­liz­za­zio­ne disci­pli­na­to dall’art. 35 c.n., il qua­le sta­bi­li­sce che, nel caso in cui cer­te zone dema­nia­li non sia­no più rite­nu­te dal Capo del Com­par­ti­men­to marit­ti­mo uti­liz­za­bi­li per i pub­bli­ci usi del mare sono esclu­se dal dema­nio marit­ti­mo con decre­to del Mini­stro del­le Infra­strut­tu­re e dei Tra­spor­ti di con­cer­to con quel­lo del­le Finan­ze. L’atto di sde­ma­nia­liz­za­zio­ne (o sclas­si­fi­ca­zio­ne), a dif­fe­ren­za del prov­ve­di­men­to di deli­mi­ta­zio­ne, ha natu­ra costitutiva.

IL CAPO DEL CIRCONDARIO MARITTIMO DI PANTELLERIA

T.V.(CP) Anto­nio TERRONE