Pantelleria si riscopre nell’agricoltura. Tusa: Le pratiche agricole pantesche

Pantelleria si riscopre nell’agricoltura. Tusa: Le pratiche agricole pantesche

01/06/2020 0 Di Andrea Govinda Tusa

Pantelleria si riscopre nell’agricoltura.

Tusa: “Studiare le pratiche agricole pantesche. Tra riscoperta, trasformazione e nuove forme di associazionismo”

di Andrea Govin­da Tusa         

            Come è noto, la situa­zio­ne del com­par­to agri­co­lo a Pan­tel­le­ria vive da tem­po una cri­si pro­fon­da. Nono­stan­te il set­to­re agri­co­lo rap­pre­sen­ti un’im­por­tan­te fon­te di auto-sosten­ta­men­to per mol­ti abi­tan­ti non­ché uno dei pochi poten­zia­li sboc­chi pro­fes­sio­na­li per i pan­te­schi, assi­stia­mo ormai da qual­che decen­nio a una con­ti­nua regres­sio­ne del­l’e­co­no­mia agri­co­la del­l’i­so­la, che va di pari pas­so con l’ab­ban­do­no dei ter­re­ni e quin­di con l’i­ne­vi­ta­bi­le per­di­ta di mol­te pra­ti­che e atti­vi­tà agri­co­le tra­di­zio­na­li. Si trat­ta di una cri­si pro­fon­da che non rispar­mia qua­si nes­su­no, ma che col­pi­sce in par­ti­co­la­re le azien­de più pic­co­le. E’ una cri­si che risa­le ormai alla fine degli anni ’70, quan­do ini­ziò un lun­go e dolo­ro­so decli­no del­l’e­co­no­mia agri­co­la, che coin­ci­se con l’ab­ban­do­no pro­gres­si­vo del­le ter­re, con l’e­mi­gra­zio­ne, con la disgre­ga­zio­ne dei rap­por­ti socio-cul­tu­ra­li così come degli scam­bi socia­li ed eco­no­mi­ci tra gli abi­tan­ti. Basti pen­sa­re che la super­fi­cie col­ti­va­ta (pre­va­len­te­men­te a vigne­ti) è pas­sa­ta da più di 3000 etta­ri nel 1970 a meno di 1000 etta­ri nel 2000 (dati ISTAT). Oggi la super­fi­cie col­ti­va­ta è dimi­nui­ta ulte­rior­men­te. Le ragio­ni e le dina­mi­che di que­sta cri­si che dura ormai da vari decen­ni sono mol­te­pli­ci e com­ples­se. A cau­sa del­la loro ampiez­za e com­ples­si­tà, non è ovvia­men­te pos­si­bi­le affron­ta­re in modo esau­sti­vo in que­sto bre­ve arti­co­lo que­ste pro­ble­ma­ti­che, che costi­tui­sco­no alcu­ne del­le que­stio­ni cen­tra­li che sto affron­tan­do nel cor­so del­la mia ricer­ca di dottorato.

            Per un antro­po­lo­go o un ricer­ca­to­re non è affat­to sem­pli­ce inter­vi­sta­re gli agri­col­to­ri di oggi. Biso­gna con­si­de­ra­re intan­to la posi­zio­ne del ricer­ca­to­re rispet­to al sog­get­to inter­vi­sta­to, quel­lo che in antro­po­lo­gia vie­ne defi­ni­to “io etno­gra­fi­co”, ovve­ro la nostra posi­zio­ne, la nostra pro­spet­ti­va, le nostre per­ce­zio­ni che “fil­tra­no” le infor­ma­zio­ni e i dati rac­col­ti nel­le inter­vi­ste e nel­le osser­va­zio­ni. Mol­ti con­ta­di­ni, soprat­tut­to i più anzia­ni, duran­te le inter­vi­ste par­la­no in dia­let­to, e han­no spes­so un lin­guag­gio non sem­pli­ce da deci­fra­re. A vol­te ten­do­no ad asse­con­dar­ti dicen­do­ti quel­lo che essi stes­si pen­sa­no che vuoi sen­tir­ti dire. Capi­ta infat­ti che ti descri­va­no del­le imma­gi­ni for­za­te o idil­lia­che del­la real­tà, e quin­di biso­gna sta­re atten­ti alla “tra­du­zio­ne” e all’in­ter­pre­ta­zio­ne dei discor­si, oltre che alle par­ti­co­la­ri­tà del sog­get­to e del suo con­te­sto socia­le. Inol­tre la cri­si e le dif­fi­col­tà eco­no­mi­che gene­ra­no un mal­con­ten­to che per for­za di cose tra­spa­re dal­le emo­zio­ni di chi ti par­la. Da que­sto pun­to di vista è oppor­tu­no adot­ta­re diver­se stra­te­gie e impo­sta­zio­ni a secon­da del­la par­ti­co­la­ri­tà e del­le carat­te­ri­sti­che del sog­get­to inter­vi­sta­to. Io in gene­re adot­to un model­lo semi-strut­tu­ra­to, lascian­do una cer­ta liber­tà al sog­get­to ma inter­ve­nen­do quan­do si allon­ta­na trop­po dal­le que­stio­ni che mi interessano.

            La col­ti­va­zio­ne del cap­pe­ro e del­la vite ad albe­rel­lo da cui si otten­go­no uva, vino e pas­si­to costi­tui­sco­no oggi la mag­gio­re fon­te di red­di­to per gli agri­col­to­ri pan­te­schi. L’in­troi­to deri­van­te dal­la com­mer­cia­liz­za­zio­ne dei pro­dot­ti agri­co­li pan­te­schi pro­vie­ne esclu­si­va­men­te da pic­co­le azien­de che pro­du­co­no e tra­sfor­ma­no in pro­prio, o da pic­co­li pro­prie­ta­ri o viti­col­to­ri. Alcu­ni pic­co­li e medi viti­col­to­ri sono asso­cia­ti al “Con­sor­zio Pan­tel­le­ria DOC”, al cui inter­no vi sono anche le due uni­che gran­di azien­de sici­lia­ne di vini­fi­ca­zio­ne che com­pra­no la mag­gior par­te del­l’u­va dai con­ta­di­ni e la lavo­ra­no negli sta­bi­li­men­ti di stoc­cag­gio e tra­sfor­ma­zio­ne. Mol­ti pro­dut­to­ri di cap­pe­ri si rivol­go­no all’u­ni­ca coo­pe­ra­ti­va agri­co­la pre­sen­te attual­men­te sul­l’i­so­la, la “Coo­pe­ra­ti­va dei cap­pe­ri”. Alcu­ni pic­co­li pro­dut­to­ri han­no pre­so par­te a nuo­ve for­me asso­cia­ti­ve per orga­niz­zar­si e far fron­te alle pro­ble­ma­ti­che comu­ni, come l’in­te­res­san­te real­tà del­l’as­so­cia­zio­ne di agri­col­to­ri “Pan­tel­le­ria Eroica”.

            Pan­tel­le­ria è sem­pre sta­ta un’i­so­la di fron­tie­ra. Per le sue pecu­lia­ri­tà geo­gra­fi­che, natu­ra­li, e per deter­mi­na­te ragio­ni sto­ri­che si è rive­la­ta spes­so un pic­co­lo labo­ra­to­rio, un luo­go par­ti­co­lar­men­te adat­to per lo stu­dio e l’a­na­li­si, ma anche per spe­ri­men­ta­zio­ni in diver­si ambi­ti e cam­pi scien­ti­fi­ci (ambien­te, ener­gia soste­ni­bi­le, agri­col­tu­ra, archeo­lo­gia). Un futu­ro soste­ni­bi­le eco­lo­gi­ca­men­te ed eco­no­mi­ca­men­te, non può che basar­si sul­la tute­la, sul­la sal­va­guar­dia e sul­la valo­riz­za­zio­ne del patri­mo­nio natu­ra­le da un lato (ambien­te, bio­di­ver­si­tà, Par­co Nazio­na­le) e del patri­mo­nio cul­tu­ra­le dal­l’al­tro. Il patri­mo­nio cul­tu­ra­le pan­te­sco è vastis­si­mo. Que­sto com­pren­de innan­zi­tut­to la sto­ria del­l’i­so­la, e quin­di il patri­mo­nio mate­ria­le, i siti archeo­lo­gi­ci, i reper­ti. Poi il patri­mo­nio imma­te­ria­le, ovve­ro la lin­gua, il dia­let­to, i sape­ri e le pra­ti­che tra­di­zio­na­li agri­co­le, le usan­ze e le tra­di­zio­ni culi­na­rie ed eno-gastronomiche.

            Negli ulti­mi decen­ni è matu­ra­ta una con­sa­pe­vo­lez­za sem­pre più impor­tan­te rispet­to alla neces­si­tà di sal­va­guar­da­re il patri­mo­nio cul­tu­ra­le e ambien­ta­le del­l’i­so­la. Que­sto anche gra­zie al fat­to che, paral­le­la­men­te all’e­mi­gra­zio­ne di tan­ti pan­te­schi ver­so il nord Ita­lia o all’e­ste­ro, sem­pre più “non pan­te­schi” han­no deci­so di tra­sfe­rir­si defi­ni­ti­va­men­te sul­l’i­so­la. Ciò ha tra­sfor­ma­to Pan­tel­le­ria in una sor­ta di “osser­va­to­rio pri­vi­le­gia­to” per le poli­ti­che e le pra­ti­che di sal­va­guar­dia e valo­riz­za­zio­ne. La pre­sa di coscien­za e la con­sa­pe­vo­lez­za sono alla base del cam­bia­men­to e del com­por­ta­men­to respon­sa­bi­le dei cit­ta­di­ni. Il miglio­ra­men­to nel­le poli­ti­che di gestio­ne, sal­va­guar­dia e valo­riz­za­zio­ne dei patri­mo­ni è a mio avvi­so pos­si­bi­le e può veni­re anche dal bas­so, dal­la “socie­tà civi­le”. Il con­cet­to di comu­ni­tà per Pan­tel­le­ria è un con­cet­to aper­to. La comu­ni­tà pan­te­sca è qual­co­sa di dut­ti­le, di vario e fram­men­ta­to. L’a­gri­col­tu­ra e il turi­smo han­no del­le enor­mi poten­zia­li­tà per la comu­ni­tà pan­te­sca. Pan­tel­le­ria non può che acco­glie­re un turi­smo di nic­chia. Non un turi­smo di mas­sa quin­di, ma un turi­smo cul­tu­ra­le, natu­ra­li­sti­co ed eno-gastro­no­mi­co che pun­ta sul­la qua­li­tà del­l’of­fer­ta più che sul­la quan­ti­tà di visi­ta­to­ri. Al tem­po stes­so assi­stia­mo alla nasci­ta di nuo­ve for­me di socia­li­tà, alla spe­ri­men­ta­zio­ne di nuo­ve for­me asso­cia­ti­ve sul ter­ri­to­rio. Pen­so ad esem­pio all’e­spe­rien­za di alcu­ni pro­ces­si par­te­ci­pa­ti­vi e di nuo­ve for­me di impren­di­to­ria­li­tà dal bas­so (Coo­pe­ra­ti­va di comu­ni­tà, impre­sa di comu­ni­tà) che stan­no cer­can­do di sor­ge­re sul ter­ri­to­rio a soste­gno del­la comu­ni­tà agri­co­la locale.