I vini dolci passiti: passione dei grandi personaggi del Rinascimento

I vini dolci passiti: passione dei grandi personaggi del Rinascimento

16/11/2019 0 Di Giampietro Comolli

LA RINASCIMENTALE PASSIONE DEI VINI DOLCI PASSITI CORPOSI DI MICHELANGELO, LEONARDO, MACHIAVELLI… BUON GUSTAI E GRANDI PERSONAGGI 

 

Già dai pri­mi decen­ni del 1200 il por­to di Monem­và­sìa ven­ne pian pia­no dismes­so e pre­se sem­pre più impor­tan­za il por­to-cister­ne dell’isola di Cre­ta, la cui regi­na alla fine del Medioe­vo era la vene­zia­na Cate­ri­na Cor­ner che abdi­cò a favo­re del­la Repub­bli­ca Vene­zia­na e diven­ne la “signo­ra di Aso­lo”, intrat­te­nen­do rap­por­ti mol­to stret­ti pro/contro Vene­zia attra­ver­so le ami­ci­zie del­le don­ne regnan­ti di fami­glie poten­ti come i Del­la Sca­la, Da Cami­no, d’Este, Gon­za­ga, Bentivoglio.

Ludo­vi­co il Moro

È fra gli anni 1490–1500 che ha ori­gi­ne il con­te­sto sto­ri­co che lega il mae­stro Leo­nar­do da Vin­ci con il vino, in modo par­ti­co­la­re con i vini dol­ci bian­chi cor­po­si pas­si­ti, tra­mi­te il vole­re e il pote­re di Ludo­vi­co Sfor­za det­to il Moro.

Fra la pro­mes­sa spo­sa di Ludo­vi­co il Moro, Bea­tri­ce d’Este sorel­la di Isa­bel­la moglie del poten­te Gon­za­ga di Man­to­va e Cate­ri­na Cor­ner o Cor­na­ro, dive­nu­ta signo­ra di Aso­lo dopo esse­re sta­ta regi­na di Cipro fino al 1489, c’è una lun­ga e fra­ter­na ami­ci­zia dovu­ta ai diver­si rap­por­ti dei rispet­ti­vi poten­ti zii. Intan­to Leo­nar­do da Vin­ci sta lavo­ran­do in san­ta Maria del­le Gra­zie per ordi­ne de Il Moro alla crea­zio­ne dell’”Ultima Cena”, nel­la qua­le per la pri­ma vol­ta appa­re il vino bian­co e non il vino ros­so (il vino Kasher del­la Pes­sah, la Pasqua ebrai­ca era asso­lu­ta­men­te ver­mi­glio e por­po­ra scuro).

Fu una del­le novi­tà leo­nar­de­sche, fu una pre­mo­ni­zio­ne del cam­bio di vino di lì a poco nel Con­ci­lio Vati­ca­no. Per­ché? Cate­ri­na Cor­na­ro rega­la come dono di noz­ze del matri­mo­nio fra Ludo­vi­co e Bea­tri­ce nel 1491 l’intero cari­co di un “bucin­to­ro” vene­zia­no che da Vene­zia risa­le il Po e il Tici­no fino al castel­lo Sfor­ze­sco: 500 pian­te “…inra­di­ca­te soste­nu­te e ponen­ti ampia chio­ma..” (così dice la bol­la) di varie essen­ze frut­ti­fe­re e flo­rea­li pro­ve­nien­ti dai pos­se­di­men­ti vene­zia­ni, una spe­cie di bigliet­to da visi­ta del Doge.

Il Moro, in par­te come paga­men­to del­le ope­re,  dona a Leo­nar­do un “…orto con vigna già impian­ta­ta con pian­te ponen­ti e viti dell’isola di Can­dia… con casa”, rica­va­to nell’ampio giar­di­no e fab­bri­ca­to già dei mar­che­si Lan­di e degli Atel­la­ni, fami­glie pia­cen­ti­ne vas­sal­li degli Sfor­za, lun­go via Magen­ta. Le pian­te di vite, come alcu­ne pal­me e alcu­ni cedri del Liba­no pre­sen­ti fino a due seco­li orso­no nel­la stes­sa area, era­no quel­le dona­te anni pri­ma da Cate­ri­na Cornaro.

Spul­cian­do testi sto­ri­ci, mano­scrit­ti, può esse­re che fra le pian­te di vite pro­ve­nien­ti da Can­dia ci fos­se­ro sicu­ra­men­te dei Mosca­ti, bian­chi in par­ti­co­la­re, for­se quel­lo di Ales­san­dria d’Egitto, il patriar­ca anche del­lo Zibib­bo (Mosca­to bian­co dal­la foglia gla­bra e dall’acino a pun­ta), ovve­ro il pro­ge­ni­to­re di tut­te le Mal­va­sie e tut­ti i Mosca­ti dal for­te sapo­re aro­ma­ti­co, dol­cis­si­mo, idea­le all’appassimento. Inte­res­san­te anche una del­le tan­te vie per­cor­se nel­la dif­fu­sio­ne di que­ste viti-uve di Moscato.

leonardo

Un dise­gno di Leo­nar­do Da Vin­ci che descri­ve una can­ti­na e l’i­ter di vinificazione

 

E qui com­pren­dia­mo come spes­so sia dif­fi­ci­le – sen­za docu­men­ti – capi­re cer­te pre­sen­za. Come det­to la fami­glia Atel­la­ni che con­di­vi­de­va orto e vigne­to con Leo­nar­do era­no anche pro­prie­ta­ri di fon­di agri­co­li sui Col­li Pia­cen­ti­ni, il castel­lo di Luz­za­no. È qui che gli Atel­la­ni por­ta­ro­no alcu­ne pian­te del­la loro vigna mila­ne­se, e li ci sono da 500 anni e da lì si dif­fu­se­ro pro­prio per la alta pro­dut­ti­vi­tà e l’aromaticità.

È la vigna di Leo­nar­do che da Mila­no si dif­fon­de sui col­li oltre­pa­da­ni, e non vice­ver­sa. In que­sto modo arri­va­no pian­te di varie­tà diver­se (non cer­to di Mal­va­sia per­ché chia­ma­ta tale solo all’inizi del 1800), il Corin­to, la Sul­ta­na e il Mosca­to. Da qui poi il nome “mal­và­sìas”,  sino­ni­mo di “ombra di vino bian­co di alta qua­li­tà” data dal Doge Bar­be­ri­go con appo­si­ta bol­la, e le inse­gne sul­le oste­ria di “Cal­le Mal­và­sia” anco­ra oggi esi­sten­ti nel cen­tro di Vene­zia, soprat­tut­to die­to san Mar­co. Leo­nar­do beve­va que­sto vino nel “ got­to” o gut­tus,  tipi­co bic­chie­re da oste­ria, ma poco e solo dopo aver mangiato.